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GBB TALK LIVE 02

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Ilario Fogarolo

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Ana Sercer

Intervistatore per garebodybuilding.it:

Matteo Picchi

Ospite di GBB Talk:

Ilario Fogarolo

Ana Sercer

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Il testo sopra riportato è un estratto sintetico della puntata pubblicata su Youtube che vi consigliamo di andar a vedere per approfondire ogni aspetto discusso con i nostri ospiti. Potete trovare la live anche in formato audio su Spotify!

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Benvenuti su garebodybuilding.it, il portale dedicato agli appassionati di bodybuilding agonistico. Oggi abbiamo il piacere di presentare un’intervista esclusiva con due atleti di spicco nel panorama del bodybuilding italiano: Ilario e Ana. L’intervista è condotta da Matteo Picchi, un preparatore e atleta con anni di esperienza nel settore. In questa conversazione, esploreremo le sfide, le vittorie e le strategie che hanno caratterizzato il loro percorso agonistico.

Matteo Picchi: Buonasera a tutti e benvenuti a questa nuova puntata di GBB Talk di Gare Bodybuilding. Questa sera abbiamo il piacere di ospitare due atleti d’eccezione, Ilario Fogarolo e Ana Sercer, una coppia unita dalla passione per l’allenamento e l’agonismo. Ana, partiamo da te, raccontaci come ti sei avvicinata all’allenamento e all’agonismo.

Ana Sercer: Sono sempre stata una ragazza molto sportiva, fin da piccola. Vengo da una famiglia di sportivi, mio padre è allenatore della nazionale inglese di tennistavolo e io stessa ho praticato questo sport a livello agonistico per molti anni. L’amore per l’attività fisica e lo sport è sempre stato parte di me.

Durante gli anni dell’università, per pagarmi gli studi, ho iniziato a lavorare nella palestra di Ilario. È stato lì che tutto è cominciato. Inizialmente il mio approccio all’allenamento in palestra era quasi per scherzo, una sorta di scommessa con Ilario che mi prendeva in giro dicendomi che non sarei stata in grado di allenarmi seriamente e raggiungere certi obiettivi. Sai, Ilario è uno che scherza molto, soprattutto con le persone a cui vuole bene. Usa l’ironia per spronarti, per accendere la tua motivazione. E con me ha funzionato.

Ho iniziato ad allenarmi tre volte a settimana, anche se i risultati tardavano ad arrivare. Ma io sono testarda come un toro, così ho deciso di impegnarmi al massimo e fare le cose per bene. Da ottobre 2017 io e Ilario abbiamo deciso di fare sul serio: allenamenti mirati, attenzione alla nutrizione, insomma, il 100% della dedizione.

Quando a marzo-aprile Ilario ha iniziato a vedere i primi risultati su di me, mi ha proposto di provare a gareggiare. All’epoca frequentava la scuola per preparatori, ma eravamo entrambi sostanzialmente dei neofiti nel mondo delle gare. Non sapevamo nulla dei colori da usare, di come funzionassero le competizioni, la questione acqua/sale… Ma ci siamo buttati. Abbiamo deciso di provarci, di fare del nostro meglio.

Io ho iniziato gareggiando nella categoria bikini, ma con il tempo ho sentito l’esigenza di cambiare. Sai, io amo l’allenamento, amo la fatica e il sudore in palestra. Mi piacciono i pesi, mi piacciono le sfide. Nella categoria bikini mi sentivo un po’ limitata, dovevo trattenere questa mia passione per non uscire troppo dai canoni richiesti. Così abbiamo deciso di virare verso categorie che mi permettessero di esprimere al meglio me stessa e la mia dedizione all’allenamento.

Per me allenarmi non è solo un mezzo per raggiungere un obiettivo agonistico, è qualcosa che mi fa stare bene, che mi rende felice. È parte integrante della mia vita. Questo cerco sempre di trasmetterlo anche alle ragazze che seguo nel posing: il focus deve essere sull’allenamento, sul processo, non solo sul risultato finale della gara. La competizione è un di più, qualcosa che arricchisce il percorso, ma non deve essere l’unico motivo per cui ti alleni. Se lo fai solo per quello, le delusioni saranno inevitabili. Invece se ami davvero il percorso, ogni traguardo sarà una gioia in più.

Matteo Picchi: Grazie Ana, la tua passione traspare da ogni parola. E tu Ilario, vuoi parlarci del tuo percorso nell’allenamento e nell’agonismo?

Ilario Fogarolo: Certo Matteo. Io ho iniziato come rugbista, quello è stato il mio primo amore sportivo. Però a un certo punto ho dovuto fare una scelta: continuare con il rugby o dedicarmi agli studi. Non credevo che il rugby potesse darmi la stabilità lavorativa che cercavo, così ho scelto l’università.

Sono andato a studiare a Urbino e lì ho avuto la fortuna di incontrare dei professori che mi hanno davvero cambiato la vita. Mi hanno trasmesso la passione per le materie scientifiche e per l’allenamento. Il mio sogno iniziale era quello di lavorare nell’ambito dell’attività motoria per i diabetici. Purtroppo ho dovuto scontrarmi con la realtà: in Italia questo settore non è molto remunerativo, il guadagno non è proporzionato all’impegno e allo studio che richiede. Così ho dovuto un po’ reinventarmi.

Un momento di svolta è stato quando ho incontrato Biaschi e Riccardo Grandi con il loro Project Invictus. Sono andato a una loro convention a Pescara e lì ho capito che quella era la strada che volevo seguire. Mi sono iscritto al Personal Food Coach di Riccardo Grandi e ho iniziato ad approfondire il mondo della nutrizione e dell’allenamento.

L’anno successivo mi sono iscritto alla Scuola Preparatori. In quel periodo ho iniziato anche a frequentare Ana non solo come cliente ma anche a livello personale. La mia passione per il bodybuilding cresceva di pari passo con la trasformazione del mio fisico. Sai, io sono un ex obeso, quindi per me l’allenamento è stato prima di tutto un mezzo per migliorare me stesso, per diventare una versione migliore di ciò che ero.

Poi, dopo aver preparato Ana e altri atleti per le gare, ho sentito che mi mancava un pezzo del puzzle: l’esperienza diretta della competizione. Secondo me un preparatore che non ha mai gareggiato in prima persona si perde qualcosa, non può capire fino in fondo le dinamiche e le emozioni che i suoi atleti vivono. Così ho deciso di mettermi in gioco in prima persona.

Ho gareggiato una prima volta, ma non sono rimasto soddisfatto del risultato. Io sono uno che odia perdere, che punta sempre al massimo. Così mi sono rimesso in gioco, ho lavorato ancora più duramente e sono riuscito a vincere. Quell’esperienza mi ha dato tantissimo, mi ha fatto crescere come atleta e come coach.

Matteo Picchi: Due storie diverse ma con un comune denominatore: la passione e la determinazione. Nel 2023 per entrambi c’è stato il grande salto nelle competizioni internazionali. Ci raccontate come funziona per un atleta italiano che vuole competere all’estero?

Ana Sercer: Certo Matteo. Innanzitutto bisogna distinguere tra le varie categorie. In generale, il percorso standard prevede di fare le selezioni regionali qui in Italia e poi i Campionati Italiani. Se ti qualifichi tra i primi tre agli Italiani, puoi accedere alle competizioni internazionali.

A quel punto devi scegliere a quale federazione estera affiliarti e iniziare a guardare il loro calendario gare. Una volta scelta la competizione, devi fare l’affiliazione vera e propria che di solito ha un costo intorno ai 100-110 dollari. A questo va aggiunta l’iscrizione alla gara.

Ma i costi non finiscono qui. Devi organizzare tutto il viaggio: volo, alloggio, trasporti per raggiungere il luogo di gara. E devi tenere conto delle tempistiche dettate dall’organizzazione, che possono essere molto diverse da quelle a cui siamo abituati in Italia. Per esempio, a volte la registrazione degli atleti pro e degli amatori avviene in momenti separati, così come quella di uomini e donne.

A Los Angeles i pro venivano registrati all’inizio e gli amatori alla fine, con le donne nella seconda parte. Quindi Ilario è stato registrato subito, mentre io ho dovuto aspettare altre tre ore il giorno prima della gara.

Insomma, partecipare a una gara internazionale richiede una grande pianificazione a livello logistico ed economico, oltre ovviamente alla preparazione atletica. Bisogna essere pronti a gestire imprevisti e situazioni diverse da quelle a cui siamo abituati.

Matteo Picchi: A proposito di costi, senza scendere troppo nei dettagli personali, potete darci un’idea di quanto possa costare preparare una gara all’estero?

Ilario Fogarolo: I costi sono significativi, inutile girarci intorno. Solo per l’iscrizione alla gara di Las Vegas io e Ana abbiamo speso circa 7-800 dollari a testa. In questa cifra ci sono l’iscrizione vera e propria, le foto obbligatorie, il tanning, il tesseramento che per i pro sale a 149 dollari. E questo è solo l’inizio.

Poi ci sono le spese di viaggio: albergo, spostamenti, cibo. Noi per la trasferta americana di 16 giorni abbiamo speso in totale intorno agli 8-10 mila euro. È un grande investimento, ma per noi ne vale assolutamente la pena. È il coronamento di un sogno, il risultato di anni di lavoro e sacrifici.

Certo, non tutti possono permettersi cifre del genere. Però credo che se una cosa la desideri davvero, trovi il modo di farla accadere. Magari non subito, magari devi mettere da parte i soldi per qualche anno, come abbiamo fatto noi. Ma se è il tuo sogno, la tua passione, non c’è sacrificio che tenga.

Matteo Picchi: Capisco. E a livello di competizione, che differenze avete notato tra il circuito amatoriale e quello pro?

Ilario Fogarolo: La differenza si sente eccome. Io in Italia agli Italiani ero il più pesante nella mia categoria, avevo il rapporto peso/altezza più alto. Quando sono andato a gareggiare all’estero, mi sono ritrovato a essere il più leggero. Certi atleti avevano dei fisici impressionanti, rapporti peso/altezza che in Italia non si vedono.

C’era un ragazzo di 1,68 m che ha fatto terzo dietro di me, pesava 81 kg. Stiamo parlando di un hp+10 o giù di lì. Tutti avevano hp molto alti rispetto a quelli a cui ero abituato. Se non avesse avuto le gambe un filo indietro, probabilmente mi avrebbe battuto.

Poi in America il livello si alza ancora di più. Lì ho visto una qualità estrema, gente con una pelle tiratissima come non avevo mai visto. Quella è una cosa che puoi ottenere solo con anni e anni di allenamento meticoloso, con una dedizione assoluta.

Il vincitore della mia categoria, un signore australiano di 50 anni, aveva una qualità pazzesca. La sua pelle sembrava carta velina, una cosa che puoi avere solo con l’età combinata a una vita intera di bodybuilding.

Insomma, se in Italia ero al top, nel circuito pro internazionale mi sono ritrovato nella media. Questo vuol dire che devo lavorare ancora di più, alzare l’asticella per poter competere a certi livelli. Ma è proprio questo il bello: avere sempre nuovi stimoli, nuovi obiettivi per migliorarsi.

Ana Sercer: Nel mondo femminile le cose non sono molto diverse. Io sono arrivata a Los Angeles pensando che sarei stata l’ultima tra le pro… e invece ho vinto! Però ho anche notato che mi manca ancora un po’ di spessore muscolare, quello che si costruisce negli anni.

Alcune delle ragazze contro cui ho gareggiato avevano una massa muscolare notevole, soprattutto su gambe e glutei. Si vedeva che allenavano forte quelle zone, con costanza e dedizione. Per le ragazze che vogliono iniziare a gareggiare nella wellness, il mio consiglio è proprio questo: non abbiate paura di spingere in palestra, di fare volume su gambe e glutei.

E non pensate che all’estero il livello sia più basso che in Italia, anzi. Anche nel nostro paese la qualità delle atlete è cresciuta tantissimo negli ultimi anni. Ho visto ragazze con fisici incredibili, che non sfigurerebbero affatto a livello internazionale.

Certo, magari all’estero puntano un po’ di più sull’estremizzazione di certi aspetti, sulla quantità di massa più che sull’equilibrio complessivo… Però il livello è molto alto, inutile negarlo. Ci vuole tanto lavoro per emergere, ma con passione e dedizione si può fare.

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Matteo Picchi: Parlando invece di norme antidoping, avete notato differenze tra Italia e America?

Ilario Fogarolo: In Italia i controlli sono molto seri e rigorosi, su questo non ci piove. Quando io ho vinto l’assoluto, sono stato prelevato immediatamente per il test antidoping. Non ho potuto festeggiare con i miei amici perché dovevo rimanere a disposizione dei responsabili del test. È stata dura, soprattutto perché ci ho messo un’ora e mezza tra prelievo di sangue e urine.

Però devo dire che il test è fatto molto bene, con una serie di procedure accurate. Ti fanno controllare i numeri di serie, sigillare tu stesso le provette… Insomma, è un processo meticoloso che non lascia spazio a dubbi o contestazioni. Ti senti trattato in modo professionale, anche se magari lì per lì un po’ ti scoccia dover rinunciare ai festeggiamenti.

In America invece mi è sembrato tutto un po’ più “soft”, se posso usare questo termine. A Los Angeles per esempio avevano un sistema di cartellini: se vincevi ti davano un cartellino rosso che significava che eri selezionato per il test, ma potevi farlo con calma, non c’era la stessa rigidità che ho trovato in Italia.

Certo, il test in sé era comunque accurato, un test Vada, quindi nulla da dire sulla qualità dei controlli. Però l’approccio era diverso, meno perentorio diciamo. Qui da noi se ti chiamano per l’antidoping devi andare subito, non puoi tergiversare. Lì invece sembrava quasi una cosa facoltativa.

Ana Sercer: Io ho fatto anche il mondiale in Inghilterra e lì il test antidoping lo facevano solo agli amatori, ai pro niente. Stessa cosa a Los Angeles e Las Vegas. Paradossalmente, da amatorial sono stata controllata di più che da pro.

In Italia invece quest’anno ci sono stati controlli a campione in tutte le gare, anche per i pro. La NBFI ci crede molto nella cultura del natural bodybuilding e lo dimostra con i fatti, investendo sui test anche quando non sarebbero strettamente obbligatori.

Credo che questo dipenda anche da una diversa mentalità e da un diverso contesto legale. In Italia il doping è visto come una cosa molto seria, è un reato penale. Quindi anche le federazioni sono molto attente su questo aspetto, non vogliono rischiare. In altri paesi magari c’è un approccio un po’ più lasco.

Matteo Picchi: Chiaro. Ultima domanda: cosa non può assolutamente mancare nella valigia di un bodybuilder che parte per una gara all’estero?

Ilario Fogarolo: Oddio, di cose ce ne sono tante! Sicuramente i costumi da gara, gli elastici per scaldarsi, il colore anche se magari lo prendi sul posto. Io mi porto sempre sia il colore ad alcol che il mallo a olio, anche se in teoria sarebbe vietato.

Poi direi un tappetino, delle coperte o asciugamani per potersi mettere a terra nel backstage. E occhio all’acqua in America: spesso è demineralizzata e non ti disseta per niente, rischi di sentirti più assetato di prima. Una volta una ragazza che seguivo ha avuto seri problemi di disidratazione proprio per questo motivo, continuava a bere ma non le passava la sete.

Come portafortuna io e Ana abbiamo i nostri pupazzetti, non partiamo mai senza. Può sembrare una sciocchezza, ma per noi sono importanti, sono un po’ dei talismani. E io ho anche la mia maglietta dell’iscrizione, quella che metto sempre per andare in gara. Ah, e non può mancare il fular della mia contrada di Montebelluna, il Biadene. Lì ho corso per anni, è un po’ il mio portafortuna.

Ana Sercer: Per una donna la valigia è molto più complicata da preparare. Oltre a tutto il kit da gara – bikini, scarpe, gioielli – c’è tutto il discorso di unghie, capelli, trucco. Io mi porto sempre un tappetino, un asciugamano e una coperta per poter stare a terra nel backstage senza sporcarmi.

Poi mi preparo un pigiama comodo per la sera prima della gara, quando ci si colora e non si può rischiare di macchiare i vestiti buoni. Sai, il colore a volte sembra non voler asciugare mai, quindi meglio essere prudenti.

E a proposito di vestiti, consiglio di portarsi un po’ di tutto perché magari di giorno fa molto caldo ma la sera, soprattutto nel deserto come a Las Vegas, le temperature crollano. Quindi felpe, giacche, vestiti a strati. Ah, e non possono mancare delle ciabattine comode per stare nel backstage senza infierire sui piedi già stressati dai tacchi. Più una mantellina per coprirsi e non girare in bikini davanti a tutti.

A volte può essere utile portarsi dietro anche un po’ di cibo, soprattutto se si hanno esigenze particolari. Magari le quantità concesse in aereo non sono sufficienti. Ilario ci ha provato una volta a portare 10 kg di riso…

Ilario Fogarolo: Diciamo che alla dogana non hanno molto apprezzato! Però in effetti un minimo di scorta può servire, non si sa mai.

Ana Sercer: L’importante è organizzarsi bene, avere una lista di tutto ciò che serve e poi spuntarla man mano. Sembra banale, ma con l’ansia e l’agitazione della gara è facile dimenticare qualcosa. Quindi meglio essere metodici e non lasciare nulla al caso.

Matteo Picchi: Ragazzi, che dire… È stato davvero interessante ed istruttivo parlare con voi. La vostra passione, la vostra dedizione, il vostro approccio meticoloso… Sono sicuro che saranno d’ispirazione per tantissimi atleti, sia quelli alle prime armi che quelli più esperti.

Il vostro percorso dimostra che con impegno, sacrificio e amore per quello che si fa, si possono raggiungere traguardi straordinari. Non solo a livello agonistico, ma anche e soprattutto a livello personale. Perché alla fine è questo che conta davvero: crescere, migliorarsi, superare i propri limiti. E voi lo state facendo in modo eccellente.

Grazie di cuore per aver condiviso con noi la vostra esperienza, sono certo che sarà preziosa per molti. E ovviamente un grande in bocca al lupo per le vostre prossime sfide, sportive e non. Continuate così, siete una coppia fantastica dentro e fuori dalla palestra!

Ilario Fogarolo: Grazie a te Matteo, e grazie a Gare Bodybuilding per questa opportunità. È bello poter condividere la nostra passione e sperare di ispirare altre persone. Il bodybuilding mi ha dato tanto, mi ha letteralmente cambiato la vita. Se anche solo un ragazzo o una ragazza, sentendo la nostra storia, troverà il coraggio di mettersi in gioco e inseguire i suoi sogni, beh, sarà una vittoria più grande di qualsiasi trofeo.

Ana Sercer: Sì, assolutamente! Il messaggio che vorrei far arrivare a tutti è: credete in voi stessi, lavorate sodo per ciò che amate, e non abbiate paura di osare. A volte la sfida più grande non è con gli altri, ma con noi stessi, con i nostri limiti e le nostre paure. Superarli, quella è la vera vittoria. E se lungo il percorso incontrerete difficoltà, ricordatevi che non siete soli. La comunità del bodybuilding è una grande famiglia, ci sono sempre persone pronte a supportarvi e a condividere con voi questa meravigliosa avventura.

Matteo Picchi: Parole bellissime ragazzi, davvero. Non c’è modo migliore per chiudere questa chiacchierata. Ancora grazie per essere stati con noi stasera, è stato un vero piacere. E un saluto a tutti i nostri ascoltatori, sperando che questo incontro sia stato interessante e stimolante per voi quanto lo è stato per noi. Alla prossima puntata!

Il testo sopra riportato è un estratto sintetico della puntata pubblicata su Youtube che vi consigliamo di andar a vedere per approfondire ogni aspetto discusso con i nostri ospiti. Potete trovare la live anche in formato audio su Spotify!

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Oltre alle esperienze e alle storie condivise dagli atleti, vogliamo fornire ai nostri lettori alcuni consigli pratici  che possono fare la differenza nella preparazione e partecipazione alle gare di bodybuilding. Ecco cinque suggerimenti fondamentali per chiunque si stia avvicinando a questo mondo competitivo.

  1. Pianifica accuratamente la tua trasferta: Se partecipi a gare internazionali, organizza con cura tutti gli aspetti del viaggio. Prenota per tempo voli, alloggio e trasporti, considerando la logistica del luogo di gara. Informati sulle procedure di registrazione e sulle tempistiche, che possono variare per atleti pro e amatori, uomini e donne. Preparati a gestire imprevisti e situazioni diverse da quelle a cui sei abituato.
  2. Sii consapevole dei costi: Gareggiare all’estero comporta spese significative. Oltre alle quote di iscrizione, affiliazione e tesseramento, metti in conto i costi di viaggio, alloggio, trasporti, cibo, integratori, abbigliamento e accessori per la gara. Se necessario, pianifica un budget e inizia a risparmiare per tempo. Ricorda che si tratta di un investimento per realizzare i tuoi sogni e che con impegno e sacrificio anche traguardi apparentemente irraggiungibili possono diventare realtà.
  3. Allena i tuoi punti di forza: Studia a fondo la tua categoria e lavora per esaltare i tuoi punti di forza. Se gareggi nella wellness, punta su massa muscolare, definizione e separazione soprattutto su gambe e glutei. Non temere di spingere al massimo in palestra, la competizione internazionale richiede una muscolatura volumizzata e asciutta. Al contempo, non trascurare l’equilibrio complessivo della tua figura e l’esecuzione impeccabile delle pose.
  4. Prepara con cura la tua valigia: Oltre a costumi, scarpe, gioielli e prodotti per colore e capelli, porta con te ciò che può servirti per affrontare al meglio la gara. Includi un tappetino, coperte o teli per il backstage, un pigiama comodo per la sera del colore, vestiti adatti alle diverse temperature. Non dimenticare snack e cibi confezionati se segui una dieta specifica. Fai una lista dettagliata e spuntala con attenzione mentre fai i bagagli.
  5. Coltiva la tua passione: Il bodybuilding è uno sport impegnativo che richiede dedizione, sacrificio e costanza. Per affrontare al meglio le sfide di preparazione e gara, alimenta ogni giorno la tua passione. Ama il processo, non solo il risultato. Trova gioia nell’allenamento, nella disciplina, nel superare i tuoi limiti. Circondati di persone che condividono i tuoi valori e sostieniti nella comunità del bodybuilding. Affronta vittorie e sconfitte come opportunità di crescita e ricorda che il traguardo più importante è diventare la migliore versione di te stesso.

Questi consigli, combinati con la dedizione e la passione, possono aiutare ogni atleta a migliorare la propria preparazione e a raggiungere i propri obiettivi nelle competizioni di bodybuilding. Continuate a seguirci su garebodybuilding.it per altre interviste, consigli e storie di successo nel mondo del bodybuilding.